02 I cicli dell’arte

La materia, l’energia, l’immagine

Giuseppe Bergomi, Bagnante,1961, scultura in bronzo, cm 58x35x25

Giuseppe Bergomi
Bagnante
1961
scultura in bronzo, cm 58x35x25

Paolo Borghi, La tartaruga teatina, 2014, scultura in bronzo, cm 97x109x80

Paolo Borghi
La tartaruga teatina
2014
scultura in bronzo, cm 97x109x80

Giacomo Manzù, Bambina che gioca, 1943-1951, scultura in bronzo, 23x32x24 cm

Giacomo Manzù
Bambina che gioca
1943-1951
scultura in bronzo, 23x32x24 cm

Giacomo Manzù, Giovanni XXIII, 1963, scultura in bronzo, cm 27x18x22,

Giacomo Manzù
Giovanni XXIII
1963
scultura in bronzo, cm 27x18x22,

Giacomo Manzù, Piccolo vescovo, s.d., scultura in bronzo, 38x24x15,5 cm,

Giacomo Manzù
Piccolo vescovo
s.d.
scultura in bronzo, 38x24x15,5 cm,

Marino Marini, Testa di donna, 1937, bronzo, cm 26x17x20, Inv. n° 19527

Marino Marini
Testa di donna
1937
bronzo, cm 26x17x20

Francesco Messina, Royal ballet, 1980, scultura in bronzo, cm 81x34x19

Francesco Messina
Royal ballet
1980
scultura in bronzo, cm 81x34x19

Matias Quetglas, Conversacion amorosa, 1987, scultura in bronzo, cm 13x15x36,

Matias Quetglas
Conversacion amorosa
1987
scultura in bronzo, cm 13x15x36,

Museo Universitario
Università “G. d’Annunzio” Chieti e Pescara
Piazza Trento e Trieste
66100 Chieti, Italia

Orario Museo

dal martedì al venerdì
ore 9:00- 19:30 (ultimo ingresso ore 19:00)
sabato e domenica
ore 15:00- 20:00 (ultimo ingresso ore 19:30)
Lunedì chiuso

Reception
Telefono 0871-3553514

La scultura italiana del secolo scorso si qualifica nei termini di una esperienza profondamente articolata che raccoglie tutte le difficoltà e le complessità espresse da un’epoca che ha vissuto due guerre mondiali e gli effetti delle loro drammatiche conseguenze.

Da una parte troviamo le potenzialità che muovono da importanti eredità di fine Ottocento e che mostrano ancora la loro vitale attualità: l’energia impressa alla materia da Rodin, le novità plastiche introdotte da Medardo Rosso, in tema di luce e di continuità tra forme e spazio, l’essenzialità a cui perviene Brancusi e l’enigma costante che la sua scultura racchiude e comunica.

Dall’altra, nel secondo dopoguerra, si definiscono forti spinte innovative, che conducono verso nuove sensibilità e nuovi linguaggi, connesse ad una diversa concezione del mondo e del ruolo stesso dell’artista. Pensiamo anche agli effetti delle esplorazioni spaziali ed al crescente interesse verso tutto ciò che riguarda lo Spazio, sia sul piano della ricerca scientifica sia su quello di una più generale curiosità verso questa nuova frontiera dell’ignoto.

I maggiori esponenti della scultura del Novecento, sono artisti che sanno raccogliere le problematiche sollevate dai maestri che li hanno preceduti, mostrando un tenace impegno alla rappresentazione del reale, sia nella direzione dell’attenzione verso i temi della quotidianità e del netto rifiuto di ogni retorica celebrativa, sia in quella, segnata dall’esperienza delle Avanguardie, che li guida a soluzioni di inedita sintesi inventiva.

Questo dualismo, tra la necessità della forma ed un nuovo concetto di immagine, caratterizza l’ispirazione della migliore scultura figurativa italiana e definisce una plastica in grado di fondere le ragioni della storia all’essenzialità del presente in atto. Ne risulta, pur nelle differenze dei linguaggi e dei riferimenti specifici elaborati da ciascuna personalità artistica, una scultura che punta sulla centralità della figura e che parte dall’uomo per arrivare agli uomini, per parlare a ciascuno di noi, cercando un equilibrio, non sempre facile e scontato, tra le istanze della tradizione e le esigenze della modernità.

Da questi magnifici artisti nasce la ricerca di un nuovo lessico espressivo, un rinnovato senso del valore umano – lezione estremamente attuale perché fondata sulla necessità di restare uomini nonostante tutto – attraverso una tecnica che resta quella di sempre, impressa dal lavoro delle mani che plasmano, modellano, incidono, attribuendo alla materia identità e dignità di opera d’arte.

E’ chiaro che molte di queste problematiche sono pienamente condivise con il mondo attiguo della pittura, da quanti hanno scelto la strada della nuova figurazione (consideriamo che gli scultori sono anche ottimi disegnatori) ma è pur vero che in scultura, tutto risulta più esasperato e difficile, per via del rapporto diretto che la forma tridimensionale vive con lo spazio reale.

All’interno di questa importante raccolta di opere donate dai coniugi Paglione–Olivares al Museo Universitario dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, troviamo un panorama estremamente interessante di scultori di grande autonomia inventiva e di forte temperamento, riconducibile sostanzialmente a due generazioni:  quella di Messina, Marini, Manzù,  personalità di  riferimento nella storia della scultura del Novecento, nati tra il 1900 e i 1908 ed oggi non più viventi, con in comune la partenza  da un’infanzia molto povera e riconoscimenti internazionali di altissimo livello, e quella di Borghi, dello spagnolo Quetglas e di Bergomi, nati tra il 1942 e il 1953, autori di soluzioni plastiche di grande efficacia ed originalità che ne fanno oggi artisti molto stimati. Tra queste due generazioni troviamo lo straordinario “ponte” rappresentato da Giuliano Vangi, nato nel 1931, unico scultore italiano ad avere in Giappone, a Nagaizumi, un museo a lui interamente dedicato, il Vangi Sculpture Garden Museum.

Ispirata alla Lady Macbeth dell’opera shakespeariana, Royal ballet, scultura in bronzo, di Francesco Messina, ci rivela che la vera bellezza non risponde ad una condizione temporale ma deve potersi fondare su una nuova suggestiva idea di classicità che porti con sé qualcosa di sacro e di eternamente efficace. Così le sue figure femminili, in bronzo, marmo e terracotta policroma, diventano immagini stesse di una condizione universale che passa attraverso il filtro della danza e delle sue celebri muse quali la Accolla, la Fracci, la Savignano a lungo ritratte dallo scultore di origine siciliana.

Testa di donna dello scultore pistoiese Marino Marini, del quale si ricordano i suoi celebri Cavalli e Cavalieri, simboli dell’unione ancestrale dell’uomo con la natura, mostra un modellato fermo e rigoroso, stemperato dalla pacatezza rotonda del volto che trattiene a sé un idea di arcaico e di assoluto, nella necessaria autonomia che la forma sa assumere.

La fisionomia della scultura di Giacomo Manzù è ben inquadrata nei tre bronzi, Giovanni XXIII, Bambina che gioca, Piccolo vescovo. Il primo è esemplificativo della profonda amicizia che lo ha legato, entrambi bergamaschi e di umili origini, al “Papa buono”, Angelo Roncalli, incontrato nel 1956, quando era ancora Patriarca di Venezia, due anni prima che salisse al soglio pontificio. Il modellato increspato del copricapo, il camauro, è un omaggio alla plastica sfuggente di Medardo Rosso, mentre nel modulo solido e compatto del volto si palesano le doti umane e caritatevoli del Pontefice. La realtà che diviene concretezza della figura, con una trattazione quasi pittorica della superficie, la ritroviamo nella quotidianità senza retorica della bambina intenta a giocare. Il tema per lo scultore è solo un pretesto perché ciò che conta è l’indagine sulla forma, la sua autonomia, il suo determinarsi in uno spazio, come è ben visibile nelle celebri serie dei Cardinali e dei Vescovi, raggiunta sintesi di una ricerca espressiva che li riscatta da ogni consueta iconografia.

La visionarietà così fortemente connotata di Giuliano Vangi fa di ogni sua scultura un pezzo unico ed irripetibile, una presenza radicata in un preciso spazio per incontrare l’uomo e ricordarci chi siamo. Così in Donna seduta e acqua, magnifico bronzo dorato del 1989, di evidente riconoscibilità e dal suggestivo ritmo plastico, una donna seduta dagli occhi socchiusi e dal sorriso appena accennato ascolta il rumore dell’acqua sgorgare e fluire dal suo medesimo corpo come un’energia che scaturisce dalla profondità del proprio essere.

L’immaginario plastico dello scultore comasco Paolo Borghi, è dominato dall’idea della figura-paesaggio, straordinaria sintesi di una metamorfosi che ingloba e trasforma i concetti di natura, architettura e figura. A questa originale considerazione, appartiene anche l’opera in bronzo Tartaruga teatina, collocata davanti l’ingresso del Museo Universitario, realizzata nel 2014 per il Ventennale dell’Istituzione che raccoglie 301 tartarughe (di cui 90 di noti artisti) donate da Alfredo Paglione in memoria della sua consorte Teresita Olivares.

Matias Quetglas, appartiene ad una generazione di artisti spagnoli che hanno sposato l’esperienza del realismo, trovando riferimento nel pittore e scultore Antonio Lopez García, oggi considerato tra i più grandi pittori figurativi viventi. L’immagine deve essere un’impronta della vita, saper andare oltre quello che è rappresentato e farsi capace di rendere visibile l’invisibile. Così in Conversacion amorosa, scultura in bronzo eseguita nel 1987, dopo un soggiorno a Roma all’Accademia di Spagna, la consapevolezza della storia e del presente in atto, trova il suo traslato in quell’unico e intenso tempo che unisce i corpi dei due amanti.

La Bagnante, del bresciano Giuseppe Bergomi, che inizia come pittore iperrealista prima di dedicarsi interamente alla scultura, appartiene ad un tema a lui particolarmente caro, ripreso anche nel 2015, per riaccendere attenzione sul problema della concretezza dell’arte. La figura femminile, che pare appena affiorata in superficie, è tipica del suo universo femminile e familiare, colto in una dimensione intima e privata, in un linguaggio creativo caratterizzato dalla presenza del colore, impiegato sia nelle terrecotte, sia nella raffinata trattazione delle patine.

Scultori autentici e magnifici che con il loro lavoro ossessivo, fatto di infinito impegno e di continua ricerca, hanno lasciato una traccia importante nella Storia dell’arte, regalandoci immagini di straordinaria ed efficace attualità.

Maria Cristina Ricciardi